Case emergono dall’asfalto acquoso che rispecchia il cielo; alberi spogli spuntano dal suolo, ricoperto di neve, tendono i loro rami verso l’alto.
Non vi sono figure umane nelle vedute di Salvatore Cascino, per altro appassionato ritrattista.
Eppure, dietro le persiane verdi, chiuse, delle case, si potrebbe intuire l’attento osservare di un viso, che senza farsi scorgere, scruta le movenze del pittore; e gli alberi tendono i loro rami verso l’alto; quasi figure umane con le braccia protese nella solitudine dell’inverno della vita.
Sono fiori primaticci?
Certo il vivere è presente. Gli alberi si contorcono come in una danza frenetica; una specie di sabba orgiastico che non vuole accettare il proprio destino.
L’esistenza spezzata che fa quasi presagire la fine di ogni tentativo di rinascita.
Un faticoso spingersi in avanti, che sa la propria fine, ma non vuole arrendersi.
Il pittore vede le cose, le scruta, le interpreta. Ogni uomo è interprete, spesso inconsapevole, di ciò che lo circonda e dei suoi stessi pensieri.
L’arte così (fa molto pensare), svela un mondo prima ignoto e nascosto, che ora brilla alla luce e risplende in un operare che di per sè non ha fine.Ogni artista fa risplendere un mondo a sè stesso e agli occhi di chi lo sà vedere.
Qual è il mondo di Salvatore Cascino?
La sua pittura poetica parla di solitudine, parla di dolore, ma parla anche di forza; i fiori gialli di una delle ultime nature morte, che escono prepotenti dal quadro, sembrano forse accennare ad un’energia ritrovata, che urla con estremo vigore la necessità di non arrendersi.
giovanni motta